Prepariamoci ad affrontare una vera e propria pandemia di morbo di Parkinson. L’allarme lanciato dalle pagine del Journal of Parkinson’s Disease vede correlato al generale progressivo invecchiamento della popolazione, un possibile aumento del numero di nuove diagnosi della malattia che potrebbe raddoppiare da qui al 2040, toccando i 12 milioni. Nello studio intitolato “Le prove emergenti della pandemia del Parkinson”, gli autori delineano le loro preoccupazioni a riguardo, proponendo possibili soluzioni prima che sia troppo tardi.
Morbo di Parkinson: quanto è diffuso?
Il morbo di Parkinson, malattia neurodegenerativa tristemente nota, colpisce prevalentemente le regioni motorie del sistema nervoso centrale, dove le cellule nervose del cervello che producono il neurotrasmettitore dopamina cominciano a morire. La malattia si manifesta con sintomi vari, fra cui il tipico tremore, la rigidità muscolare, la lentezza dei movimenti. Si stima che in Italia le persone colpite da morbo di Parkinson siano circa 250.000, prevalentemente over 60 (esiste anche il raro parkinsonismo giovanile). In tutto il mondo, i disturbi neurologici sono la principale causa di disabilità.
Di questi, il morbo di Parkinson è quello che sta dimostrando una crescita più rapida. Tra il 1990 ed il 2015, a livello globale il numero di soggetti ammalati di Parkinson è raddoppiato giungendo a 6,2 milioni. Entro il 2040, gli esperti prevedono che quel numero raggiungerà i 12 milioni. Ma chiariamo un punto. Il termine “pandemia”, ovvero epidemia di grandi dimensioni, è normalmente associato a malattie che possono essere trasmesse da persona a persona.
Il morbo di Parkinson non è certo una malattia infettiva, eppure secondo gli autori dello studio, la diffusione della malattia è tale da configurarsi con alcune delle caratteristiche tipiche di una pandemia. Tra queste il fatto che sia ormai ampiamente diffuso in ogni regione del pianeta, con una particolare tendenza a “spostarsi” geograficamente da ovest ad est.
Morbo di Parkinson: il sorprendente ruolo protettivo del fumo
Come per altre “malattie del benessere” (ad es. il diabete) il morbo di Parkinson potrebbe dipendere da alcuni fattori di rischio: “Alcuni fattori addizionali all’invecchiamento – sottolinea Patrik Brundin, direttore della rivista -, come l’aumentata longevità, il calo del numero dei fumatori, con il tabacco che sembra avere un effetto protettivo nei confronti della malattia, e l’aumento dell’industrializzazione, con la sempre maggiore esposizione a sostanze come pesticidi e metalli pesanti che aumentano il rischio, rischiano di portare il numero addirittura a 17 milioni”.
Dunque sorprendentemente la riduzione dei fumatori di tabacco a livello globale ha favorito l’aumento dei casi di Parkinson. Alcuni studi hanno dimostrato che il fumo sarebbe in grado di ridurre il rischio di morbo di Parkinson di oltre il 40%.
Paraquat e morbo di Parkinson
Anche l’industrializzazione avrebbe giocato un ruolo rilevante nell’aumento dei casi di Parkinson. Come scrivono gli autori del reportage:“Numerosi sottoprodotti della rivoluzione industriale, inclusi specifici pesticidi, solventi e metalli pesanti, sono stati collegati al morbo di Parkinson.” Ad esempio, la Cina, paese che ha visto una rapida crescita industriale, ha anche visto l’aumento più rapido dei casi di morbo di Parkinson.
L’utilizzo di paraquat, un fitofarmaco diserbante, oggi vietato in 32 paesi, tra cui Unione Europea e Regno Unito, secondo recenti studi, sarebbe fortemente correlato alla condizione. Nonostante ciò, gli autori dello studio affermano che negli Stati Uniti, dove non è stato vietato, la gente la stia utilizzando “in quantità sempre maggiori”.
Il paraquat continua tranquillamente ad essere fabbricato e venduto in paesi come Stati Uniti, Taiwan e Sud Africa.“Il morbo di Parkinson è in aumento e potrebbe essere una creazione dei nostri tempi”, scrivono gli autori. “A differenza della maggior parte delle malattie il cui carico diminuisce con il miglioramento del livello socioeconomico, il carico del morbo di Parkinson va al contrario.”
Morbo di Parkinson: come evitare la pandemia?
Gli esperti ritengono tuttavia che sia ancora possibile invertire la rotta ed evitare così una futura pandemia del morbo di Parkinson. Scrivono gli autori: “La pandemia di Parkinson è prevenibile, non inevitabile”. Ma come fare? Innanzitutto occorrerebbe sensibilizzare l’opinione pubblica, come avviene per altre malattie come HIV e cancro. Essenziale sarebbe fermare la produzione e l’uso di alcune sostanze chimiche che incrementano il rischio di sviluppare la malattia: “Abbiamo i mezzi per evitare che milioni di persone possano sperimentare gli effetti debilitanti del morbo di Parkinson”.
Gli scienziati devono poter usufruire del necessario sostegno finanziario per poter sviluppare farmaci e terapie migliori. Da 50 anni infatti la terapia più efficace è il levodopa, che non è priva di effetti collaterali sia psicologici che fisici. Necessario sarebbe poi rendere uniformi in tutto il mondo i modelli di cura e indagare le cause di una malattia che restano in parte tuttora misteriose.
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