L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha recentemente pubblicato un rapporto che esamina l’impatto delle microplastiche presenti nell’acqua potabile sulla salute umana. Tuttavia il report non dissipa affatto i tanti dubbi sulla potenziale pericolosità di tali sostanze: “In base alle informazioni limitate che abbiamo – afferma Maria Neira, direttore del Dipartimento di sanità pubblica e ambiente presso l’Oms – le microplastiche nell’acqua potabile non sembrano rappresentare un rischio per la salute ai livelli attuali. Ma abbiamo urgentemente bisogno di saperne di più“.
Microplastiche nell’acqua potabile
Si calcola che solo nel 2015, gli esseri umani abbiano prodotto qualcosa come 407 milioni di tonnellate di plastica. La plastica non è un materiale biodegradabile: essa si scompone in pezzi progressivamente più piccoli, fino a raggiungere dimensioni dell’ordine di grandezza di pochi nanometri. Queste microscopiche e infinitesimali particelle di plastica, “microplastiche” appunto, si disperdono ovunque nell’ambiente, anche nell’acqua potabile, compresa quella minerale in bottiglia e quella del rubinetto.
Le microplastiche provengono dalla degradazione di oggetti e tessuti sintetici che entrano nel ciclo dell’acqua potabile, ad esempio attraverso le acque reflue o scarichi industriali, ma “anche le stesse bottiglie di plastica e i tappi possono esserne fonte“.
Perché è urgente saperne di più
Una recente revisione di studi ha preso in esame i dati di 50 studi sulle microplastiche disperse in acqua dolce, acqua potabile e acque reflue. Con la consapevolezza che non esistono ancora metodi standard di campionamento, estrazione e identificazione per le microplastiche, secondo gli studiosi: “Solo quattro studi su 50 hanno ottenuto punteggi positivi per tutti i criteri di qualità proposti, il che implica che vi sia una significativa necessità di migliorare la garanzia di qualità del campionamento e dell’analisi della microplastica nei campioni di acqua“.
In alcuni di questi studi sono state rilevate migliaia di particelle di microplastica per ogni litro di acqua potabile: “Frammenti, fibre, film, schiuma e pellet erano le forme più frequentemente riportate”.
Il rapporto OMS sulle microplastiche nell’acqua potabile
Data l’onnipresenza delle materie plastiche nell’ambiente è necessario comprenderne gli eventuali effetti sulla salute umana. In teoria le particelle più piccole di plastica potrebbero essere assorbite dalle pareti intestinali, entrare nella circolazione sanguigna e linfatica, raggiungendo così qualsiasi altro organo bersaglio.
Il recente rapporto OMS ha provato a descrivere un quadro più ampio sulla questione delineando innanzitutto i tre possibili percorsi attraverso cui le microplastiche possono danneggiare la salute umana:
- Fisico: le microplastiche possono essere assorbite dal nostro organismo e danneggiare le strutture interne;
- Chimico: ad esempio, gli additivi chimici come i plastificanti possono disperdersi nell’acqua potabile e danneggiare la nostra salute;
- Biofilm: i microrganismi patogeni potrebbero attaccarsi alle microplastiche e formare delle colonie, poi ingerite attraverso l’acqua in cui sono disperse.
Il rapporto OMS ritiene che gli ultimi due scenari siano i meno preoccupanti, ma anche tale affermazione non è basata su dati certi. Secondo l’analisi dei ricercatori, le microplastiche più grandi di 150 micron probabilmente non vengono assorbite dal corpo umano, ma passano indenni attraverso l’apparato digerente, per poi essere eliminate con le feci.
Le microplastiche di dimensioni inferiori invece potrebbero essere assorbite, ma si ritiene che tale evenienza, piuttosto remota, non rappresenti ancora un sostanziale pericolo per la salute. Ciò in relazione al fatto che gli studi esistenti, tutti compiuti su modello animale, che dimostrano la possibilità che l’organismo umano possa assorbire le microplastiche con l’acqua potabile, hanno utilizzato: “esposizioni estremamente elevate che non si potrebbero verificare allo stato attuale”.
Tossicità delle microplastiche
Quando i ricercatori hanno esaminato gli studi di tossicologia, le prove sulla pericolosità delle microplastiche erano ugualmente scarse. Gli autori affermano che gli studi: “sono discutibili in quanto ad affidabilità e rilevanza, con alcuni impatti osservati solo a concentrazioni molto elevate” che “non riflettono accuratamente le potenziali tossicità che potrebbero verificarsi a livelli di esposizione inferiori”.
Cosa fare per ridurre la quantità di microplastiche nell’acqua potabile
Fermo restando l’urgente necessità di sviluppare: “metodi standard per misurare la presenza e per studiarne le fonti, così come per valutarne le conseguenze sull’organismo” delle microplastiche, l’OMS nel suo rapporto chiede di concentrarsi sul trattamento delle acque reflue, problema rilevante specie nelle aree più povere del Pianeta:“Secondo i dati disponibili, il trattamento delle acque reflue può rimuovere efficacemente oltre il 90% delle microplastiche”. L’OMS lancia un ultimo appello invitando a: “fermare l’aumento dell’inquinamento da plastica in tutto il mondo“, diminuendone l’uso e migliorandone il riciclo.
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