Un “fiuto infallibile” verrebbe da dire: i cani, hanno sbaragliato ancora una volta le tecnologie più avanzate nel rilevare la presenza del cancro nell’essere umano. Il nuovo studio del Lake Erie College of Osteopathic Medicine di Erie, Pennsylvania, Usa, ha scoperto che i cani, in particolare i beagles, possono “fiutare” il tumore del polmone non a piccole cellule con estrema precisione. I risultati della ricerca appaiono sul Journal of American Osteopathic Association.
Tumore del polmone non a piccole cellule: necessità di una diagnosi precoce
Il tumore al polmone è il tipo di tumore più diffuso al mondo, secondo solo al cancro del colon nell’uomo e al tumore al seno nella donna. Sotto la definizione generica di tumore al polmone abbiamo il tumore al polmone non a piccole cellule (85% dei casi) e il tumore al polmone a piccole cellule o microcitoma (costituito da cellule di piccole dimensioni, origina dai bronchi, principalmente diffuso tra i fumatori, è estremamente aggressivo, 15% dei casi totali di tumore al polmone). Altri tipi di tumore al polmone che originano da tessuti diversi dell’epitelio polmonare sono il carcinoide polmonare o linfatico (5% dei restanti casi di tumore al polmone).
Andando più nel dettaglio, il tristemente comune tumore al polmone non a piccole cellule si può distinguere a sua volta in: carcinoma spinocellulare o squamocellulare o a cellule squamose (25-30% dei casi di tumore al polmone non a piccole cellule) che origina dall’epitelio che riveste i bronchi di medio e grosso calibro e comporta una prognosi migliore; adenocarcinomasi che colpisce i bronchi più piccoli anche dei non fumatori (35-40% dei casi di tumore al polmone non a piccole cellule); carcinoma a grandi cellule meno frequente (10-15%), può comparire in diverse aree del polmone ed è molto invasivo.
Quale che sia la forma di tumore al polmone che colpisce il paziente, affrontare la malattia nelle sue fasi iniziali può consentire ai medici di trovare e applicare i trattamenti migliori. Ma i metodi più comuni per la diagnosi del tumore del polmone, come TC e PET possono essere molto costosi e talvolta inaccurati o inaffidabili. Da qui la necessità di trovare vie alternative e più efficaci per una diagnosi precoce del cancro, come quella di affidarsi al fiuto del miglior amico dell’uomo, il cane.
Il fiuto infallibile del cane per la diagnosi del cancro al polmone
Il proverbiale fiuto del cane non è un mistero nemmeno per gli uomini di scienza: “L’acutezza olfattiva di un cane è almeno 10.000 volte più sensibile di quella di un umano, ciò è probabilmente dovuto all’epitelio olfattivo più espanso, ai recettori olfattivi e alla capacità del cane di trattenere l’aria nella rinofaringe durante l’espirazione”, spiegano gli autori dello studio del gruppo di ricerca guidato dal prof. Thomas Quinn.
Gli studiosi hanno lavorato con tre cani di razza beagles (all’inizio erano 4, ma uno di essi ha dimostrato scarso interesse al compito assegnato, per cui è stato escluso dall’esperimento), addestrati per “fiutare” il cancro del polmone non a piccole cellule in campioni di plasma. La scelta dei beagles non è stata casuale. Questi cani sono segugi allevati per fiutare e cacciare piccoli animali selvatici. Come spiegano gli autori dello studio questi straordinari animali possiedono ben 225 milioni di recettori olfattivi, contro i soli 5 milioni di cui è dotato l’essere umano.
L’olfatto del cane migliore delle tecnologie nel rilevare il cancro
I beagles sono stati addestrati per 8 settimane a distinguere i campioni di sangue raccolti da individui con carcinoma polmonare non a piccole cellule da quelli ottenuti da individui sani. I ricercatori hanno collocato tutti i campioni in una stanza, ad un’altezza che permetteva ai cani di annusarli comodamente. I beagles dovevano sedersi quando fiutavano l’odore del cancro, mentre potevano procedere se il campione proveniva da una persona sana.
I cani hanno rilevato con successo la presenza di cancro nei campioni fiutati con specificità del 97,5% e una sensibilità del 96,7%. “In questo momento, sembra che i cani abbiano una migliore capacità naturale di schermare il cancro rispetto alla nostra tecnologia più avanzata: una volta scoperto come ciò avviene, potremmo riuscire a sfruttare questa scoperta” conclude il prof. Thomas Quinn.
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